Copro-fenomeni e prevalenza
della Sindrome di Tourette
12/04/2008 Tratto dal forum di AST-SIT
Marco Bortolato
(Membro staff scientifico)
In occasione del convegno di Bari, Mary Robertson ha presentato un’interessante discussione sulle caratteristiche epidemiologiche della sindrome di Tourette. Un dato che è recentemente emerso è che la sindrome stessa sembra essere particolarmente infrequente presso i neri africani. Mentre la Robertson pensa che il dato possa dipendere da specifiche componenti genetiche, la mia interpretazione è almeno parzialmente diversa. Indubbiamente, possibili differenze nell’androgenizzazione tra europei e neri africani potrebbero parzialmente spiegare alcune differenze nelle manifestazioni sintomatologiche della sindrome.
[fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”]
Il motivo però per cui non credo che la determinante genetica basti per spiegare la virtuale assenza di Tourette nella popolazione nera africana sta nell’eterogeneità della popolazione in questione. In altri termini, trovo singolare che popolazioni ben distinte come nigeriani, kenioti e boscimani siano tutte accomunate da un unico fattore genetico.
A mio parere, le componenti socioculturali sono un fattore determinante essenziale nella determinazione del contenuto e nella manifestazione dei tic stessi. Essendo la diagnosi di Tourette basata su canoni europei ed occidentali (almeno nella sua definizione originaria, su cui comunque si basa in gran parte la classificazione corrente), credo che le categorie diagnostiche attualmente presenti possano non ricapitolare pienamente la sindrome stessa nella sua eterogeneità.
Questa riflessione nasce soprattutto da considerazioni sui cosiddetti “copro-fenomeni” (coprolalia e coproprassia) che consistono nella produzione di tic a contenuto volgare (in atti verbali o gesti). La mia opinione è che il tabù culturale legato a questi atti, particolarmente in contesti educativi con regole sociali rigide (come appunto quella occidentale) sia uno dei fattori fondamentali nello stabilire il contenuto specifico del tic. E’ interessante notare come, in diversi soggetti Tourettici, i tic stessi spesso abbiano un contenuto di rischio o di inaccettabilità sociale, che in qualche modo li rende più “desiderabili” come bersagli dell’impulso stesso.
Credo che esistano diversi substrati neurobiologici comuni tra sindrome di Tourette e altre patologie come il gioco d’azzardo patologico, in cui l’impulso irrefrenabile si rivolge proprio al contenuto rischioso di determinate attività. L’idea che sto perseguendo è che androgeni e dopamina interagiscano in maniera sinergistica soprattutto in occasione di contesti culturali di tabù o di rischio.
In società come quelle dell’Africa subsahariana, dove le regole di educazione sono senz’altro meno rigide, è possibile che manifestazioni equivalenti a certi tic non si manifestino nello stesso modo o con la stessa intensità. Se ciò fosse vero, ciò ci potrebbe fornire importanti spunti su possibili interventi educativi nella sindrome di Tourette stessa.
Gianfranco Morciano
(Responsabile staff scientifico)
In effetti, pur non conoscendo i dati sui quali si basa la Robertson per le sue considerazioni, così a spanne mi sembra difficile che abbia potuto testare un campionamento rappresentativo di un intero continente. Immagino che non si tratti di una survery vera e propria ma soltanto di una sua ipotesi.
Anch’io penso che sia fuori strada, specie se dovesse essersi limitata a considerare i “coprofenomeni” isolatamente.
Io non ho ancora conosciuto un tourettico che presenti questi “copro” isolatamente, quando c’era coprolalia e coproprassia ci sono sempre stati altri comportamenti lesivi della morale o disdicevoli.
Valerio (50 anni), che ha scritto su questo forum per un poco (e che come altri tourettici quando poi sta bene scaramanticamente sparisce) é uno dei casi più gravi che ho incontrato in tal senso. Quando l’ho conosciuto era chiuso in una stanza e non voleva incontrare nessuno per paura di fargli del male: sputava in faccia alle persone,le indirizzava con epitteti pesantissimi, strizzava loro i testicoli, allungava la mano come per colpire con uno schiaffo, calciava verso il volto altrui…a questo si aggiunga che ogni volta che sentiva i vicini del piano superiore muoversi gridava loro “terroni!!” (sapendo che questo li offendeva in modo particolare). Valerio é in realtà una persona mite, timorosa e rispettosa del prossimo, e per questo soffriva tantissimo di fare e dire esattamente ciò che non avrebbe voluto fare e dire, era affranto per sè ma anche per la vergogna e i sensi di colpa (ad esempio verso i vicini di casa).
A me non sembra corretto isolare i copro-fenomeni dalle altre ossessioni, piuttosto mi sembra giusto collocarli in un continuum; gli altri comportamenti disdicevoli (es. offendere) per me poi sono esattamente la stessa cosa della coprolalia o coproprassia.
Penso che il divieto (che giustamente, come tu dici, é un fatto culturale) possa accentuare il pensiero ossessivo, che poi altro non é che la paura di fare o pensare a qualcosa, si resiste ma poi la tensione é talmente alta e psichicamente dolorosa, che diviene più economico produrli quei fenomeni, con gesti e parole dalla caratteristica compulsiva.
La compulsione (che di solito, ma non sempre,ha forma coerente con l’ossessione) serve sempre ad abbassare lo stato di tensione.
Tu stai facendo queste importanti ricerche sul dridrotestosterone e confidiamo molto in te, io però prevedo che le tue ricerche saranno utili per spiegare e fronteggiare l’ OCD in senso generale e non solo nei tourettici, e comunque ad assodare che nei tourettici i coprofenomeni non hanno caratteristiche distinte e sono accumunati alle oltre ossessioni “disdicevoli” proprio dal “divieto”, dal “non si fa” o dal “non é bene”. Ma ovviamente non sono sicuro, é solo un’ipotesi.
Vero, la questione “divieto” offre spunti interessanti dal punto di vista educativo, sia in termini preventivi che correttivi e molto sarei tentato di scrivere, e ti dirò sarebbe anche il mio campo specifico.
Per ora, a sostegno della tua intuizione, solo vorrei dire che tante volte ho osservato la presenza di ossessioni da divieto proprio la dove i tabù sono più alti (in proposito ha scritto qualcosa anche Foucault in “la volontà di conoscere”). Pensa che anni fa una mia collega in Università é stata sorpresa a rubare dalle borse delle colleghe (dopo innumerovoli episodi), sai che titolo ha un testo che lei ha scritto? Si intitola “sociologia della devianza”.
Finisco con una nota riferita ad altra sindrome che riguarda un fenomeno da me più volte osservato.
Se provi a dire ad un autistico “questo non si tocca” oppure quella “porta non va aperta”…o cose così, questi impazzirà dal bisogno di fare ciò che gli é stato vietato, Marco proprio lo vedi che diventa un pensiero-bisogno ossessivo!
La Welk (una terapista inglese ormai dimenticata sulla cui esperienza Zappella ha impostato le sue terapie per autistici alla fine degli anni ’70) lavorò proprio sulla pratica di enunciare agli autistici una regola appunto per costringerli a cercare di violarla e sperimentare la forza dell’autorità…erano scontri a non finire, e infatti lei chiamo la sua t. “terapia costrittiva”.
Al tempo della Welk non si avevano le conoscenze di oggi di tipo neuroscientifico, per questo si buttava tutto in psicologia sostenendo che gli autistici avessero alla base del loro disturbo una sorta di delirio di onnipotenza. Eppure io credo che quell’esperienza meriti di essere rivisitata alla luce delle nuove conoscenze, ovviamente non per “costringere” ancora, ma per abbassare i motivi per i quali quella spinta non si estingue con una inibizione normalmente presente negli “altri”. In questo senso la terapia cognitivo-comportamentale é unmano santa…educativa appunto.
In questo forum più volte tra tourettici ci si é riconosciuti in questa necessità compulsiva di tenersi sempre vicini al limite, di osare fino al rischio…anche vicino al limite della morale o dei comportamenti antisociali. C’é chi al confine si avvicina molto, i più tendono lì, alcuni lo superano e possono farsi male.
Io però ho sempre visto che una funzione inibitoria, per quanto ritardata c’é, almeno questa é la mia esperienza con i tourettici…anche vissuta da dentro.
Ancora Valerio non voleva sedersi davanti all’autovettura perché aveva paura di prendere il volante per sterzarlo e farmi uscire di strada o di farmi fare incidenti coprendomi gli occhi, ma aveva un limite che si fermava a pochi attimi prima dell’incidente vero…ebbene dopo 10 minuti di “terapia costrittiva” ci siamo fatti il resto del viaggio sino a Segrate (circa 30 minuti) in assoluta tranquillità.
Da quel che mi risulta non vi é alcun ricercatore o neuroscienziato, eccetto te, che lavora su questo fronte…penso tu sia sulla strada giusta.
Ciao GFM
[/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]