Qualcuno dice che sia l’altro nome della sindrome di tourette

Se non sbaglio é stato Michele Zappella, neurologo di Siena, a ridefinire così per primo la TS: sindrome del cervello sbraitante. Poi la definizione é stata inserita come termine nella prima edizione dell’associazione AIST (non la nostra), e quindi ripresa dal libro di Cerami che già abbiamo commentato (negativamente) su questo forum. Secondo questa ridefinizione, la sindrome sarebbe caratterizzata da manifestazioni eclatanti che si originano da un disagio interiore che porta i tourettici ad assumere una posizione problematica nei confronti delle relazioni sociali e del mondo, con caratteristiche di asocialità e ditruttività che si accompagnano ad un pervasivo senso di frustrazione e collera, e ad una generalizzata manifestazione di protesta e lamentela verso tutto e tutti, protesta spesso urlata e trasformata in scurrilità ed offese, con caratteriste esplosive, autolesive e sociolesive.

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Cerami addirittura interpreta tutto ciò positivamente, come fosse una sorta di ribellione esistenziale verso una realtà ormai divenuta conformista, oppressiva e banale. Egli la legge come forma di ribellione esistenziale agita dal corpo in quanto la mente é troppo bloccata dai condizionamenti culturali.
Insomma Cerami ritorna ad interpretare la Tourette come una sorta di risposta psicologica energetica dal significato profondo ed inconscio, una sorta di ritorno ad alcuni canoni della psicanalisi. La prospettiva é suggestiva e certo non mancheranno coloro che ne rimarranno affascinati.

Quello che posso dire a questo proposito é intanto che si é preso una possibile caratteristica della sindrome, cioè quella collerica e protestataria, e la si é generalizzata a tutta la sindrome, operazione tutta italiana di cui non ho trovato riscontro altrove, poi che tali manifestazioni sono presenti nel codice genetico dell’essere umano indipendentemnte dall’esperienza culturale. Infatti il comportamento collerico e protestario si evidenzia già nel primo anno di vita dei bambini quasi ogni volta che essi sperimentano una forma di disequilibrio propriocettivo: la fame, l’irritazione, il pannolino sporco, una posizione scomoda, il mal di pancia, etc. Le manifestazioni sono caratterizzate da urla, autolesioni ed anche rabbia e lesioni rivolte all’esterno, spesso proprio verso la persona che prioritariamente si occupa di loro, verso l’oggetto di attaccamento primario, che di solito é la madre ma anche qualunque altra figura di attaccamento primario.

Voglio sottolineare questo fenomeno per il quale l’oggetto più amato é poi quello più responsabilizzato del proprio malessere, quello più rimproverato, quello a cui più direttamente é rivolta la collera, e lo voglio evidenziare proprio perché in diversi tourettici questa cosa continua ad essere presente nella vita adulta, quando pure la coscienza e le capacità logiche ci dicono che di un certo malessere la persona più amata non é responsabile e tuttavia ciò non impedisce che la collera venga a lei rivolta.
Io sarei propenso a credere che uno stato d’ansia interna (cioè non prodotta dall’ambiente) possa portare alcune menti tourettiche ad un atteggiamento iperpolemico ed anche aggressivo mirato alle persone o alle cose più amate, e quando queste non sono disponibili all’intera rete sociale.
Si vive contemporaneamente collera/odio e attaccamento, bisogno di non perdere quel rapporto insieme al desiderio di romperlo. Insomma potrebbe essere che ancora una volta uno stato contingente porti il sistema nervoso a recuperare schemi vecchi di risposta compensativa, irrazionali e non coerenti con le pur conquistate corrette capacità interpretative degli eventi.
Si tratta fortunatamente di una minoranza di tourettici, ma molti credo abbiano sperimentato almeno qualche volta questo fenomeno non riuscendo a spiegarselo, anzi sentendosi in colpa…oppure per compensazione a cercare motivi di rancore vero…forzando e deformando le proprie percezioni e interpretazioni della realtà.

Una persona quand’é così é per forza problematica, arrabbiata e finisce quasi sempre per essere sola*.
In questi casi il percorso verso questo apparentemente inevitabile destino é invertibile solo con una domanda di aiuto, magari con dei farmaci ed una sostenuta e lunga psicoterapia.

Gianfranco Morciano

PS “odio/amore” e “collera/tenerezza” possono essere agiti anche verso gruppi di persone, partiti, associazioni, contesti.

* a meno di trovare persone fragili che si fanno catturare da un rapporto che Freud definirebbe sado-anale (fase nella quale Freud colloca il bambino che ama e morde contemporaneamente la madre)

Per un’ educazione basata sulla scienza

E’ questo che mi conforta, il fatto che alle famiglie spesso non viene dato che un farmaco**, non un consiglio educativo, non uno preventivo, nessuno strumento per attenuare certe ossessività, solo pillole o gocce per mandar via ipotetiche malattie, come fossero un’influenza. Poi accade che all’idea di molecola magica i familiari si affezionino e delusi dai farmaci veri passino a quelli falsi, come l’omeopatia, che nulla cambia se non aumentare la frustazione.
No tranquilli, non sono diventato un antifarmaci, solo mi lamento di quello che non c’é…una cultura che sia capace di pensare all’educazione non in modo mistico o di generico amore, ma come ad un intervento che non solo orienta, ma che pure modifica processi e sinapsi.

Manca in Italia una cultura scientifica dell’educazione, che poggi (anche) sulle continue conoscenze che si aprono dalla ricerca neuroscientifica. Per questo abbiamo illustri ricercatori ma pochissime ricadute sulle pratiche quotidiane della gente normale, quindi una cultura dell’educazione prevenuta nei confronti di queste ricerche, incapace di comprenderle…e che per questo facilmente scade in posizioni mistiche, di rifiuto totale della psicofarmacologia e della scienza, a favore invece dell’antipsichiatria e magari di cose assurde come l’omeopatia e giù di lì.

Io penso che un’educazione basata sulle conoscenze scientifiche sia in grado persino di evitare, là dove si può, l’utilizzo di farmaci, specialmente nei bambini. Ad esempio eviterebbe di interrompere repentinamente una cura farmacologica, così come accompagnare con un processo educativo la progressiva estinzione del farmaco.
Manca un anello intermedio tra le ricerche e la vita di tutti i giorni, le azioni quotidiane che genitori ed agenzie educative possono conformare per modificare quello che sembra un percorso a binario unico, e non é così! La verità é che ognuno di noi, genitori intendo, é mediamente preparato, per influenza sociale e familiare, ad educare un bambino normale, ma non un bambino “speciale” il quale ha bisogno di educazione speciale per poter avere le stesse opportunità degli altri bambini. Altrimenti rimane allo start.

Per gli adulti con cervello sbraitante (oggetto del mio thread di ragionamento), che spesso sono il prodotto di mancata educazione speciale e di errori di cura farmacologica, ci sono ancora delle possibilità per imparare a vivere senza entrare in polemica con l’universo mondo, ma é un percorso più duro, che parte dal riconoscimento di un problema e dalla formulazione chiara di una domanda di aiuto.
Anche per costoro é ancora importante l’influenza ambientale, ed il maggior pericolo che corrono é quello di essere rinforzati dagli altri nella loro idea di essere perseguitati o oggetto di ipotetica incomprensione. Il limite é un fatto educativo fondamentale anche nella vita adulta, poi lo so che da solo non basta.

Gianfranco Morciano

** oppure le funzioni educative vengono delegate ad altri (psicologi, educatori, assistenti sociali, etc.) che traggono il bambino a sè, senza nulla passare ai genitori che non il messaggio “voi non siete capaci”. L’orrore.

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